#13 : Il nostro Hokkaido: Da Hakodate a Capo Soya e la fine del viaggio.

Dopo qualche ora di traghetto in compagnia degli altri viaggiatori conosciuti ad Aomori, abbiamo sentito l'altoparlante dire : "Stiamo attraccando ad Hakodate, si prega di prepararsi per scendere dal traghetto". 

E via di incredulità, con un pizzico di commozione. 

Eravamo appena "tornati" nel nostro Hokkaido, dove entrambi abbiamo vissuto per quasi due anni. Con l'unica differenza che, questa volta, ci eravamo arrivati in bicicletta. 

Sbarcati dal traghetto, insieme alla nostra ciurma di ciclisti (ormai eravamo in 6) ci siamo subito fiondati nell'izakaya più vicina (ristorante/bar) per finalmente riassaporare un po' di deliziosa cucina dell'hokkaido. Grazie alla nostra solita fortuna sfacciata, siamo finiti in un ristorantino minuscolo ma buonissimo dove ci siamo letteralmente sfondati di cibo con i nostri nuovi amici. 

Essendosi fatto troppo tardi e buio (e soprattutto freddo) per esplorare la città alla ricerca di un posto per la tenda, tutti insieme siamo ritornati al terminal dei traghetti e abbiamo letteralmente occupato la sala d'attesa aperta 24 ore creando la cosa più simile a un campo profughi che si sia mai vista!

Il mattino dopo, dopo i dovuti saluti e le foto commemorative, ci siamo salutati e ognuno è rapartito verso la propria meta. 

Noi ci siamo addentrati ad esplorare un po' Hakodate e il suo famosissimo mercato del pesce, alla ricerca del ristorante famoso per l' Odoridon, senza ombra di dubbio la nostra principale ragione per visitare Hakodate. 

Dopo aver finalmente assaggiato quella che può essere descritta solo come "una ciotola di riso con una piovra mezza viva che ci balla sopra", siamo montati in sella alle nostre amate Specialized Tricross e abbiamo iniziato a pedalare in direzione di Sapporo. 

Noi tutti al terminal dei traghetti. (foto rubata dal facebook di Yuta, quello con la felpa blu) 

L'Odoridon

L'Hokkaido è, inequivocabilmente, diverso dal resto del Giappone. E' natura allo stato brado: lunghe strade dritte, colline e montagne a perdita d'occhio, cieli carichi di nuvole bianchissime e dense, mare. Per la prima volta, ci siamo sentiti davvero immersi nella natura, e pedalare chilometro dopo chilometro non è mai stato così facile. Una settantina di chilometri dopo, in mezzo a un bosco, abbiamo trovato delle terme, montato la tenda e siamo andati a dormire. 

Laghi, montagne, alberi. L'Hokkaido in una foto. 

Un piccolo lago incontrato lungo la strada

Zuppiero che veglia su di noi. 

Il giorno dopo siamo ripartiti all'alba e ci abbiamo dato dentro a più non posso per pranzare a <inserisci qui nome di posto che assolutamente non ricordo> con Haruka, Shige e Shin, alcuni nostri amici di Sapporo che stavano scendendo verso Hakodate. Dopo un grandioso pranzo, ci siamo salutati e abbiamo proseguito lungo la costa alla ricerca di una spiaggia famosissima per il suo panorama "specchiato" che, mortacci sua, non siamo riusciti assolutamente a trovare. A fine giornata, raggiunta una piccola città di mare, abbiamo montato la tenda in un campo da baseball e buonanotte. 

La costa. 

Poi veniteci a chiedere perchè amiamo l'Hokkaido. 

L'indomani ci siamo svegliati prestissimo e dopo una grandiosa colazione (voi non avete la minima idea di quanto noi si mangiasse appena svegli prima di partire) ci siamo diretti verso il lago Toya, un lago vulcanico da cui si può vedere il monte Yotei in tutto il suo splendore, anche conosciuto come il Fuji dell'Hokkaido. 

Dopo aver scalato un paio di passi impegnativi, siamo arrivati al lago per pranzo, ci siamo fermati a mangiare e ci siamo goduti l'incredibile spettacolo davanti ai nostri occhi. 

L'arrivo sul lago Toya e il Mt.Yotei sullo sfondo. 

Il Mt. Yotei visto dal lago Toya

Lago Toya

Pranzo sulle sponde del lago Toya

Ripartiti dal lago, abbiamo ripreso a scalare e, sempre avendo il buon Mt.Yotei a farci compagnia, abbiamo pedalato fino ad arrivare a Rusutsu, dove abbiamo trovato quelle che possono essere definite come "le terme più piccole del giappone". Dopo una bella lavata, abbiamo mangiato qualcosa, montato la tenda e siamo andati a dormire. Il giorno, dalla nostra tenda, si vedeva un panorama mozzafiato. 

La vista dalla nostra tenda al risveglio. 

Assolutamente ancora increduli che, prima di sera, saremmo arrivati a Sapporo, ci siamo messi in sella e abbiamo superato l'ultima montagna prima della città. Una quarantina di chilometri belli intensi, accompagnati dal paesaggio in continuo cambiamento: siamo partiti circondati da campi arati per arrivare in cima in mezzo alla neve. Una volta arrivati in cima ci siamo fermati a pranzare presso Hoheikyou, una località termale megafica in cui siamo andati tipo un milione di volte mentre si viveva a Sapporo, e abbiamo iniziato la discesa più assurda di tutto il viaggio : 30km di sola discesa fino a Sapporo. Per quasi un'ora non abbiamo toccato i pedali :)

Mt.Yotei

La neve sulla cima. 

La neve sulla cima. 

E così, 55 giorni e oltre 3500 chilometri dopo, siamo arrivati a Sapporo. La nostra Sapporo. Increduli come non mai, siamo passati a fare una sorpresa a James, il nostro ex datore di lavoro (ma saprattutto megaamicone e persona preferita sulla faccia della terra) presso il Chit Chat Cafè, ci siamo dati una lavata e siamo usciti a cena con tutte quelle persone che, sant'iddio, non vedevamo l'ora di rivedere (per Sio erano passati solo poco più di due mesi, per me oltre due anni). 

Dopo una grandiosa serata, abbiamo buttato la tenda da qualche parte in Odori Park (Mica potevamo campeggiare ovunque in Giappone ma non a Sapporo, eh!) e ciao ciao. 

La mattina seguente ci siamo diretti presso Ono Cycle Sapporo, rivenditore autorizzato Specialized, per un ultimo check alle nostre Tricross prima della fine del viaggio. Con le bici tirate a lucido, siamo passati a sentire il live del nostro amico (nonchè ex batterista delle nostre band) Emilio e la sua nuova band 葉緑体クラブ. 

Le nostre Tricross sotto i ferri presso Ono Cycle Sapporo

Le nostre Tricross sotto i ferri presso Ono Cycle Sapporo

Le nostre Tricross sotto i ferri presso Ono Cycle Sapporo

Noi con il proprietario di Ono Cycle Sapporo

Il live degli  葉緑体クラブ

Il live degli  葉緑体クラブ

Il live degli  葉緑体クラブ

Il live degli  葉緑体クラブ

Il giorno dopo siamo ripartiti, pronti ad affrontare gli ultimi 4 giorni di viaggio. Come sempre, uscire dalle città richiede più tempo di quanto uno si possa aspettare e solo 60 km dopo, eravamo già intenti a montare la tenda in un bellissimo parco. 

L'indomani ci siamo svegliati prestissimo, con Zuppiero che volava sopra alla tenda, abbiamo mangiato come gli assassini e siamo ripartiti. Fino a quel punto l'Hokkaido si era rivelato essere MOLTO MENO ABITATO del resto del Giappone e le distanze fra i vari piccoli centri urbani erano aumentate, ma mai ci saremmo aspettati quello che abbiamo incontrato: strade dritte, infinite, verso l'orizzonte e decine e decine di chilometri di NULLA tra un'abitazione e l'altra. Solo coste, vento, natura e tanti tanti tanti gabbiani. 

Bellissimo e indescrivibile. 

100km dopo siamo arrivati a Abiramura, un minivillaggetto sulla costa e siamo crollati in tenda (non senza guardarci una puntata di Game Of Thrones, perchè si!).

Una mini birretta in un minivillaggio a fine giornata, Abiramura. (Fujifilm Instax) 

Il 24 maggio ci siamo svegliati con il magone. Ci siamo resi conto che era il penultimo giorno, e che in un attimo, tutto sarebbe finito. E fidatevi quando vi dico che l'esatto momento in cui realizzate che la cosa più bella che abbiate mai fatto sta per finire, è un dramma. Siamo montati in sella e, con il vento a favore, abbiamo iniziato a SBRANARE i rimanenti pochi chilometri. 

70 km dopo, ci siamo fermati per pranzo nell'UNICO ristorante incrociato nella giornata che, guardacaso, è anche quello in cui centinaia di persone che hanno fatto questo viaggio come noi hanno incontrato sulla loro strada! Il proprietario, un adorabile anzianotto, ci ha deliziato non solo con uno dei migliori ramen che noi si abbia mai mangiato, ma anche facendoci vedere la sua collezione di quaderni con foto e dediche di TUTTE le persone che sono passate di lì in viaggio verso capo Soya.

Ora, in quei quaderni, ci siamo anche noi!  

Il proprietario del ramen shop. 

Rifocillati e carichi di energie siamo ripartiti e, di gran passo, abbiamo pedalato altri 60km come nulla fosse, attraverso la bellissima e fredda desolazione conosciuta come "Il selvaggio nord dell'hokkaido". 

Proprio pochissimi chilometri prima di superare il nostro precedente record di 136km in un giorno, è successo qualcosa di incredibile che, come abbiamo detto nei vlog, NON DIREMO MAI E POI MAI, a meno che non ci incontriate di persona e ce lo chiediate direttamente. 

E fidatevi, è senza ombra di dubbio la cosa più assurda che sia successa durante il viaggio! :)

Il 25 maggio ci siamo svegliati, abbiamo smontato la tenda per l'ultima volta, caricato i bagagli sulle bici per l'ultima volta, fatto colazione fuori da un convenience store nel gelo più assoluto per l'ultima volta e siamo montati in sella per percorrere gli ultimi chilometri. Abbiamo affrontato quel maledetto vento per l'ultima volta, abbiamo ignorato la pioggia per l'ultima volta, pedalato a fianco ai gabbiani lungo le coste deserte per l'ultima volta, pranzato per strada per l'ultima volta. 

E 65 chilometri dopo, Capo Soya. 

Il punto più a Nord del Giappone. 4062 km totali, 79 giorni di cui 61 in sella. 

"Ciao Mamma, abbiamo fatto il giro del Giappone in bicicletta." 

E' dura raccontarvi cosa abbiamo provato quando siamo arrivati a capo Soya, soprattutto quando è già passato così tanto tempo e io sono qui con la mia lacrimuccia che mi solca il viso. Un misto di intensa gioia e grande sconforto: lo sconforto che ti prende quando ti rendi conto che hai appena vissuto l'avventura più bella della tua vita e che da domani, o quasi, si ritorna alla normalità. Forse siamo stati un pochetto più bravi a racconatrlo nei vlog, quindi andateveli a vedere! 


Fine (per ora.)

Ciao Zuppiero.